martedì 12 dicembre 2017

Tradizioni natalizie in Abruzzo

Il rito del ceppo
Sono molte le zone d’Abruzzo nelle quali si svolgeva questo rito, che consiste nel bruciare un ceppo, scelto già al momento della provvista della legna, e farlo ardere, con l’aggiunta di altra legna nel corso dei giorni, dalla sera della Vigilia alla notte di Capodanno.Il rito coinvolgeva tutta la famiglia, che al momento di porre il ceppo (anche detto “tecchie”) all’interno del camino, recitava in coro: “Si rallegri il ceppo, domani è il giorno del pane. Ogni grazia di Dio entri in questa casa. Le donne facciano figlioli, le capre capretti, le pecore agnelletti, abbondi il grano e la farina e si riempia la conca di vino”; dopodiché i bambini divenivano i protagonisti, cantando “Ave Maria del Ceppo”, una filastrocca che aveva il potere di far trovare loro qualche regalino la mattina successiva (un frutto, una bambola fatta con la lana di qualche vecchia maglia…ci si accontentava di poco).Il ceppo ardente chiaramente simboleggiava l’anno che lentamente si consumava e portava con sé tutto ciò che di negativo era accaduto.Quando poi, la mattina di Capodanno, il fuoco si spegneva, i carboni venivano riaccesi e la cenere, considerata sacra, veniva sparsa tra le zolle per rendere la terra più fertile.
La Squilla
Le origini di questa tradizione, tipica di Lanciano, risalgono agli anni che vanno dal 1588 al 1607, quando l’arcivescovo lancianese Tasso, il 23 dicembre, partiva scalzo dal suo palazzo e camminava per 3 km fino alla chiesa dell’Iconicella. Tutto il pellegrinaggio avveniva con il sottofondo del suono di una campanella (la Squilla, appunto) suonata dal vescovo.Il cammino del vescovo, seguito dai suoi fedeli,  voleva simboleggiare il cammino dei pastori che lentamente si dirigevano verso la grotta di Betlemme.Il rito continua a svolgersi e ancora oggi, quando nel pomeriggio del 23 dicembre si ode il rintocco della campana, è segno che le festività natalizie possono prendere il via.
La Farchia 
Spostiamoci ora nella zona del teatino, in particolare nel piccolo borgo di Tufillo, dov’è radicata un’usanza anch’essa legata al fuoco: la “farchia”, ovvero un tronco (che talvolta arriva ai 20 metri di lunghezza) intorno al quale sono collocati tronchi di minori dimensioni fino a formare un fascio di legna, tenuto insieme da anelli di ferro.
Una volta terminata la “preparazione” della farchia, quest’ultima viene trainata, il pomeriggio della vigilia di Natale, da alcuni abitanti del luogo attraverso il centro storico, mentre tutti gli altri concittadini osservano e salutano il corteo.La processione continua fino a un luogo di ristoro, dove i portatori del tronco si fermano per rifocillarsi con dolci, vino e musica. Dopo la breve pausa il cammino riprende fino ad arrivare alla chiesa di Santa Giusta, quando ormai si è fatta mezzanotte.Qui, dopo la benedizione del parroco, si dà fuoco alla farchia mentre gli spettatori intonano canti natalizi.
Alessandro M. e Gloria
😏😏

Natale in Campania

Le preparazioni natalizie campane sono legate alla rinomata tradizione pasticciera napoletana: roccoco'susamiellidivino amorezeppole e struffoli tutto questo ci riconduce al periodo dell'avvento, a lunghe serate in casa, al gioco della tombola. 
Il profumo delle zeppole fritte, che durante la fase della preparazione impregna tutti gli abiti, le finestre chiuse, il vapore acqueo che si forma sui vetri, e l'odore che ci si porta dietro lasciando scie di aromi irresistibili.
In famiglia la nonna ha sempre sostenuto che quando si preparano le zeppole non bisogna ne' farsi vedere ne' far sentire l'odore alla gente invidiosa: finirebbero con lo scoppiare!!!

Natale in Liguria di Lucrezia e Ludovico

Come ogni regione italiana tanti sono i riti e le tradizioni del Natale ancora oggi tramandate e rispettate: preparativi e riti simbolici. La festa dell’anno più attesa era il Natale, con il caratteristico pranzo. Si iniziava a pensarci già tempo prima, preparando apposite scorte durante l’inverno.


Molto interessanti sono i riti del Confeugo di Genova Savona. La storia e la tradizione della Liguria rivivono in queste manifestazioni che ricordano antichi riti in cui il popolo rendeva omaggio alle massime autorità della Repubblica con un tronco d’alloro decorato e bruciato in piazza in segno di buon auspicio.

in questa regione potrete trovare vari tipi di presepi delle varie città.


Amaretti di Sasello.



Tipico dolcetto della Liguria a base di pasta di mandorle dall'inconfondibile gusto dolce/amaro.
Morbido  e friabile fatto con zucchero, mandorle dolci ed amare, bianco d'uovo.

Il termine amaretto, riferito ad un dolce, indica un biscotto di pasticceria, diffuso in tutte le regioni d'Italia.Nati in Italia nel medioevo, verso la fine del XIII secolo si sono diffusi nei paesi arabi e, durante il rinascimento, in tutta Europa.

Oltre alla produzione italiana, in particolare quella lombarda, vanta grandi tradizioni quella Francese, soprattutto in Lorena e nei Paesi Baschi.Con il termine amaretto si intende un tipo di pasticcino a base di pasta di mandorle, fatto con zucchero, bianco d'uovo, mandorle dolci e mandorle amare e armelline.


Baci di Alassio

Il bacio di Alassio, noto anche come Bacio della Riviera, è  una felice e riuscita derivazione dei "Baci di Dama" .

Nasce nei primi del novecento e si differenzia dai Baci di Dama perchè più grande e con diversa composizione della crema che lo farcisce. 

Di  forma ovale e  colore nocciola/cioccolato, è formato da due gusci semisferici che vengono farciti  da una crema di cioccolato.

Canestrelli


E' la chicca della produzione dolciaria ligure, fatto con tanto burro, farina e zucchero, cosi friabile da sciogliersi in bocca.

Tipico dolce ligure, forse il più famoso dopo il pandolce genovese. Sono delle rondelle di pasta frolla  con un foro al centro. Ricchi di burro vengono spolverati con zucchero a velo.



Dolcetti all' olio di oliva

Biscotti fragranti e friabili dal sapore inconfondibile, rigorosamente fatti a mano.
Sono perfetti in una serata tra amici, per accompagnare una tazza di tè, un bicchiere di limoncino o di vino da meditazione. Ingredienti: Farina, olio di oliva, zucchero, latte.



Pandolce genovese




Il più classico dei dolci liguri, una volta esclusivamente dolce tipico del Natale genovese oramai sempre più spesso gustato in ogni periodo dell'anno.

Il nostro è un pandolce di pasticceria, fatto come una volta con tutto il tempo necessario ed i veri ingredienti che utilizzavano un tempo le massaie. E' un pandolce artigianale davvero di gusto eccezionale.


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Lucrezia Merli e Ludovico







Le tradizione di natale in Trentino Alto Adige


Dal 29 novembre al 10 gennaio 2016 l'intero borgo di Ossana festeggia la sedicesima edizione del "Percorso dei 100 presepi", divenuto ormai un appuntamento imperdibile per gli abitanti, i turisti ed i visitatori della Val di Sole e delle valli limitrofe. L'itinerario è segnalato da un suggestivo percorso di luce che, come una stella cometa, accompagnerà tutti i curiosi alla scoperta di più di 100 caratteristici presepi. Tutte le opere sono state realizzate manualmente.

Insomma, si tratta di un'occasione unica per ammirare tali manufatti costruiti con stupefacente creatività, utilizzando materiali inusuali e impensabili, dalla stoffa alle foglie di granoturco. L'obiettivo di ogni artista è infatti quello di esprimere, attraverso il presepe, il proprio modo di vivere il Natale, con la speranza di regalare ai visitatori sentimenti ed emozioni uniche e suggestive. Ma non solo: in questo periodo anche gli angoli più nascosti del paese e le vecchie "cort" si animano e giochi di luce e suoni, creando un'atmosfera natalizia capace di emozionare i visitatori. 
   



















Quest'anno Ossana ti stupisce con una nuova collezione di 760 presepi realizzati a mano in vari paesi del mondo e raccolti con grande passione dalla famiglia Bacchini di Verona. Sono tutti esposti nella Casa degli Affreschi, non perdere quest’occasione unica!
Nel 2017 l'intero borgo di Ossana festeggia la XVIII° edizione percorso dei 100 presepi, divenuto ormai un appuntamento imperdibile per abitanti locali, turisti e visitatori di tutta la Val di Sole e delle valli limitrofe. Il percorso è segnalato da una corda rossa con decorazioni natalizie e illuminato da antiche lampade a olio. Lasciatevi guidare dalla luce, che come una stella cometa vi accompagnerà alla scoperta di più di 100 caratteristici presepi! Tutte le opere sono state realizzate manualmente da associazioni di volontariato, gruppi, scuole, famiglie, artisti e singoli cittadini di Ossana e dell'intera Val di Sole. È questa un'occasione unica per ammirare tali manufatti costruiti con stupefacente creatività, utilizzando materiali inusuali e impensabili (ad es. stoffa, legno, sementi o foglie di granoturco). Obiettivo di ogni artista (improvvisato e non) è infatti quello di esprimere, attraverso il presepe, le proprie idee e i propri modi di «essere» e «vivere» il Natale, con la speranza di regalare ai visitatori sensazioni, sentimenti, emozioni. Gli angoli più nascosti del paese e le vecchie «cort» si animano, giochi di luce e suoni avvolgono gli ospiti nel lungo itinerare tra i presepi, confortandoli con un'atmosfera di serenità. Quest'anno Ossana ti stupisce con una nuova collezione di 760 presepi realizzati a mano in vari paesi del mondo e raccolti con grande passione dalla famiglia Bacchini di Verona. Sono tutti esposti nella Casa degli Affreschi, non perdere quest’occasione unica!
Nel 2017 l'intero borgo di Ossana festeggia la XVIII° edizione percorso dei 100 presepi, divenuto ormai un appuntamento imperdibile per abitanti locali, turisti e visitatori di tutta la Val di Sole e delle valli limitrofe. Il percorso è segnalato da una corda rossa con decorazioni natalizie e illuminato da antiche lampade a olio. Lasciatevi guidare dalla luce, che come una stella cometa vi accompagnerà alla scoperta di più di 100 caratteristici presepi! Tutte le opere sono state realizzate manualmente da associazioni di volontariato, gruppi, scuole, famiglie, artisti e singoli cittadini di Ossana e dell'intera Val di Sole. È questa un'occasione unica per ammirare tali manufatti costruiti con stupefacente creatività, utilizzando materiali inusuali e impensabili (ad es. stoffa, legno, sementi o foglie di granoturco). Obiettivo di ogni artista (improvvisato e non) è infatti quello di esprimere, attraverso il presepe, le proprie idee e i propri modi di «essere» e «vivere» il Natale, con la speranza di regalare ai visitatori sensazioni, sentimenti, emozioni. Gli angoli più nascosti del paese e le vecchie «cort» si animano, giochi di luce e suoni avvolgono gli ospiti nel lungo itinerare tra i presepi, confortandoli con un'atmosfera di serenità. 

Natale Veneto Carolina e Caterina



















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Il pandoro deriva da Verona che si trova in Veneto.


Risultati immagini per pandoroLa ricetta pare derivi anche dal "pane de oro" che veniva servito intorno al XIII secolo sulle tavole dei nobili veneziani. La nascita della ricetta moderna, almeno come la intendiamo oggi, risale all'Ottocento, come evoluzione del nadalin, dolce veronese che ha ottenuto il riconoscimento della De.Co solamente nel 2012. Il 14 ottobre 1894 Domenico Melegatti, fondatore dell'omonima industria dolciaria veronese, depositò all'ufficio brevetti un dolce morbido e dal caratteristico corpo a forma di stella a otto punte, opera dell'artista Angelo Dall'Oca Bianca, pittore impressionista.
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 In Veneto non può mancare la notte del “pan e vin”: un'antica tradizione, che si rinnova ogni anno alla vigilia della festa dell'Epifania con l'accensione dei roghi, che trasforma le piazze di molti paesi in una magica scacchiera di mille falò. Il "pan e vin" è un momento di aggregazione per molti cittadini che vivono insieme questo speciale momento prima della fine delle feste. Negli ultimi anni, questa tradizione si è consolidata anche come attrazione turistica in quanto, durante questa festa, vengono offerte specialità gastronomiche venete che si usava mangiare in passato, come il vin brulè (vino rosso bollito e aromatizzato con frutta e cannella) che in passato aveva il significato di rinsaldare e rafforzare i legami sociali della collettività paesana, e la pinza (chiamata in dialetto veneto “pinsa”) che in passato veniva cotta sotto la brace del falò. La ricetta della pinza varia da località a località, ma se ne possono delineare le caratteristiche generali. 

Caterina Barboni e Carolina Lisotti






















La Calabria è una terra ricca di tradizioni e di grande cultura. Trascorrere il Natale nella bella terra di Calabria, significa immergersi in luoghi magici che ogni anno ripercorrono la storia del Natale attraverso canti e manifestazioni caratteristiche.

La ” strina ” è tradizione tipica del territorio calabrese, anche se la sua diffusione è limitata ai soli paesi interni. Notevole è, in questi ultimi anni, la riscoperta di questa splendida usanza da parte di compagnie popolari che la ripropongono nel corso di serate che vengono tenute nel periodo natalizio, rappresentando ad un pubblico nuovo ed immemore il canto augurale portandolo, non più ad una singola famiglia destinataria, bensì offrendolo ad un vasto uditorio.

Viene solitamente accompagnata dal suono dei “sazeri” conosciuti anche come “murtali” o “ammaccasali”.
Spesso al suono di uno o più di questi strumenti si accompagna una chitarra, un mandolino, un tamburello ed una fisarmonica.  Tutto dipende dal numero dei cantori. La strina viene solitamente effettuata nel periodo che va dalla serata della celebrazione della festa della Immacolata Concezione (8 dicembre) alla serata dell’Epifania (6 febbraio).
La strina è detta anche  “strina di i supprissate”

Le ricette più classiche e tipiche del Natale in Calabria.

 Alla vigilia non possono mancare le fritture a cominciare dal cavolfiore e dalle zeppole, segue lo stoccafisso in umido oppure le salsicce con contorno di cime di rape ed il “lampasciuni”. La cena di Natale prevede secondo tradizione che si mangino almeno 13 pietanze basate su alimenti poveri ed essenziali. Si comincia con la pasta al forno, polpettine di carne, salamino calabrese al peperoncino. Seguono poi fritture di pesce, crostacei e gli avanzi del cenone perché, come si dice in queste zone, sono “benvenuti in casa”.

 I piatti principali che si preparano sono: baccalà, broccoli, spaghetti con le alici, con la mollica di pane abbrustolita, finocchi, zucca fritta. E durante tutto il periodo natalizio, si consumano "i cullurialli" o zeppole, delle tipiche ciambelle fritte

.I piccoli centri sono quelli dove le tradizioni sono ancora meglio radicate ma, se cercate bene, anche nelle città potrete riassaporare l’atmosfera natalizia più autentica: un bell’esempio in tal senso sono i mercatini di Natale. Da Cosenza a Crotone, da Lamezia a Reggio Calabria sono innumerevoli i mercatini natalizi allestiti ogni anno nel mese di dicembre. Qui potrete trovare addobbi per l’albero, per la casa, per i balconi e gli ambienti esterni della vostra abitazione: un trionfo di luci e colori che vi riporterà con la mente indietro nel tempo. 

Dolci di Natale in Calabria

In Calabria i dolci natalizi sono innumerevoli e ancor di più sono le varianti di preparazione che si registrano in ogni paese.Sarebbe impossibile elencarli tutti senza fare delle esclusioni eccellenti. Consapevoli di questo rischio, proviamo ad offrirvi una panoramica sulla gastronomia calabrese del periodo di Natale concentrandoci sui dolciumi. Saranno i dolci, infatti, ad accompagnare in maniera continua la vostra visita in Calabria nel periodo delle feste di fine anno. Sia che soggiorniate a casa di amici o parenti, sia che siate ospiti presso una delle tante strutture ricettive, i dolciumi tipici del Natale saranno la conclusione ideale dei pasti ma anche la cornice gastronomica delle visite di auguri, tradizione, questa, a cui i calabresi sono molto legati: dovunque andiate, anche solo per pochi minuti, è bene accettare qualcosa per far contenti i padroni di casa; qui l’ospitalità è sacra, specie in questo periodo. 
Una costante nella preparazione dei dolci calabresi è la frittura. L’esempio più diffuso sono le zeppole farcite alla crema, tipiche delle zone del centro ma diffuse un po’ ovunque ormai da tempo. Simili, ma non farcite, sono le nocatole o grispelle o vecchierelle, che rimandano per la forma alle Krapfen nordeuropee, chiamate nel Cosentino anche “cuddruriaddri duci” per differenziarli da quelli salati.

Onnipresenti sulle tavole sono anche degli gnocchetti fritti, passati nel vino (o nel mosto) cotto, farciti con noci e canditi e quindi ricoperti di miele di fichi o di castagne: i cannaricoli, detti anche “pasta cumpettata”(variante jonica un po’ più piccola) o turdilli. Con un impasto analogo, ma senza farcitura, si fanno le scaliddre (il suono è lo stesso di cuddruriaddru) ricoperte di miele o di glassa di cioccolato. Molto apprezzata dai turisti delle aree montane è anche la Pitta Impigliata (o, nella variante crotonese, Pitta ‘nchiusa), un panetto di pasta frolla al miele arrotolato su se stesso e farcito con canditi, noci e uva passa

Tradizioni di Natale in Piemonte

I tradizionali dolci della pasticceria piemontese sono le bignole, nome derivato dal Francese (bignè)
ma per i piemontesi bignole.
Le bignole sono gusci tondeggianti di pasta lievitata e rigonfia, possiamo trovarle come dolci tradizionali natalizi nelle pasticcerie del capoluogo Piemontese trovandole in molte varietà a livello di gusti: vaniglia, caffè, limone, pistacchio,cioccolato, nocciola, mandorla e crema.
La preparazione per il guscio delle bignole sono acqua, burro, farina, uova e sale.
Il  dolce e soffice ripieno delle bignole prevede zucchero, tuorli d'uovo, latte, amido di riso o farina e aromi, alla crema si aggiungono ingredienti, che danno poi, il nome alla bignola : cioccolato, caffè, nocciole e pistacchi.

Lucrezia

Risultati immagini per bignole piemontesi


Natale in Toscana

Pienza, la splendida “città ideale” del Rinascimento, nel cuore della Valdorcia, è uno dei borghi della Toscana dove è più praticato l’antico Gioco del Panforte, una competizione che nel periodo natalizio si tiene in molti paesi della provincia di Siena, del Monte Amiata e della Maremma. L’obiettivo del gioco è proprio quello di lanciare il Panforte (sì, proprio il celebre dolce senese a base di mandorle e spezie!) su un lungo tavolo in legno cercando di arrivare il più lontano possibile senza farlo cadere. A Pienza il torneo si gioca sotto il Loggiato del Comune nei giorni che vanno da Natale a Capodanno ed è uno spettacolo unico da vedere. 
Il gioco del panforte si tratta di un gioco antico quanto il dolce tradizionale senese. Non sono pochi i documenti che nei secoli passati a partire dal Duecento, parlano di questo prelibato dolce fatto con pasta di mandorle e miele e altri ingredienti locali. Noto fin dal Medioevo in Italia e nelle città europee, era spesso usato come omaggio per gli ospiti celebri e offerto loro in dono.
A Pienza si produceva in antico anche in casa, poi nelle pasticcerie artigiane. A partire dagli anni Novanta è nato un torneo pientino e valdorciano chiamato 'Gioco popolare del Panforte' organizzato da una Compagnia locale, che coinvolge la Pro Loco e associazioni pientine di varia natura. Primancora si giocava il panforte in casa e in tutti i caffè ed nelle osterie. Al Torneo partecipano lanciatori di tutta la Valdorcia e si protrae nelle giornate festive fra Natale e Capodanno, Per la Befana si gioca il Torneo dei Bambini e un quadrangolare a carattere toscano, Il Gioco del Panforte appassiona molto perchè riscopre in in ogni gruppo sociale la tradizione e l'identità locale, oltre a trasmettere entusiasmo, socialità e desiderio di riscoperta del suo valore ludico. Alla squadra vincitrice viene assegnato un trofeo fino ad oggi prodotto dal Ferrobattuto artistico Biagiotti di Pienza che illustra un tema caro alla Comunità. In Piazza per tutta la durata della festa la Pro Loco collabora con l'organizzazione di intrattenimenti  serali gastronomici e degustazioni varie.Grande è la partecipazione popolare.


il ceppo?

Natale Lombardia


LOMBARDIA: IL PANETTONE


La sera di un Natale di tanti anni fa, nel ‘500, Toni, il giovane garzone di un fornaio, era distrutto dalla fatica e si addormentò davani al forno dove stavano cuocendo delle focacce. Fu risvegliato da un cattivo odore di bruciato. Davvero un brutto guaio, perchè le focacce dovevano essere servite poco dopo in un banchetto importante. Disperato, Toni cercò di rimediare: raccolse quel che era rimasto sul tavolo, un pò di pasta di pane, uova, burro, miele e uvetta. Impastò il tutto e lo mise nel forno, affidandosi alla sua buona stella. Quando sull’improvvisato dolce si formò una bella crosta dorata, lo tirò fuori e lo servì in tavola. Fu un successone! Da allora il “pane di Toni” poi diventato “panettone”, non è più mancato sulle tavole milanesi nel giorno di Natale.




Fin qui la leggenda. Ma il vero “papà” del panettone è oggi considerato un giovane pasticciere, Angelo Motta, che nel 1921 ebbe un’idea geniale: tornare agli antichi metodi di lievitazione, usando impasti lasciati a riposare per almeno 24 ore. Così il dolce cambiò forma e diventò alto, come un cappello da cuoco. Motta e il suo concorrente Gino Alemagna, negli anni Trenta fecero conoscere il panettone in tutta Italia e poi nel mondo.
Immagine correlataAncora oggi, anche nella produzione industriale, la ricetta è quella di tanti anni fa. Si prepara un primo impasto di farina, con burro e zucchero, che si lascia lievitare a lungo. Il tutto viene unito a un secondo impasto di farina, uova, burro, zucchero, canditi e uva passa. Si cuoce il tutto al forno, fino a che la crosta non diventa scura e consistente, mentre l’interno resta soffice.
Alla ricetta tradizionale si sono aggiunte parecchie varianti: oggi possiamo trovare panettoni al cioccolato, ripieni di crema o di zabaione, ricoperti di glassa e così via. 
In Italia si consumano circa 50 milioni di panettoni allo si uno a testa. Il 50% è acquistato nel periodo natalizio, l’altra metà nelle settimane successive, fino al giorno di san Biagio, il 3 febbraio, secondo una vecchia leggenda che sostiene che mangiare una fetta di panettone il giorno di san Biagio tiene lontani raffreddori e mal di gola.


FIRMATO : GIAN MARCO E CHIARA

martedì 5 dicembre 2017

TRADIZIONI NATALIZIE SARDEGNA Lorenzo e Camillo


Il Natale era l’evento da trascorrere in famiglia considerato che per molti mesi all’anno essa viveva disgregata, a causa delle necessità lavorative agro pastorali del capo famiglia, spesso lontano per mesi dalla sua casa, dalla moglie e dai figli. Natale, dunque, momento magico di ricongiungimento, di riunione.
Natale di coesione oggi come ieri, quando i pastori rientravano a casa dalla transumanza invernale, mentre oggi, nell’attuale diverso periodo socio-economico, quando gli emigrati, in prossimità delle feste natalizie, affrontano lunghi viaggi, pur di trascorrere questa ricorrenza insieme ai loro cari. Secondo le consuetudini del passato il momento  cardine, che sanciva la ricomposizione di ciascun nucleo familiare e la ripresa dei contatti con gli amici, era proprio la notte della Vigilia di Natale, definita dalla tradizione campidanese “Sa nott’è xena”. Notte calda dove si sta uniti, un momento magico unico.


Nelle famiglie riunite per le festività di fine anno i più felici in assoluto erano i bambini. Non solo per l’abbondanza e la varietà del cibo messo in tavola, ben diverso da quello degli altri giorni dell’anno, ma perché lo “stare insieme” fino a tardi, nelle ore normalmente dedicate al sonno, era una novità intrigante. In assenza degli attuali moderni mezzi di comunicazione e intrattenimento, senza TV, telefonini, computer e altre moderne amenità, il divertimento familiare si fondava sui racconti degli anziani e sui giochi semplici collettivi. Riuniti tutti intorno al camino, erano gli anziani i protagonisti dei racconti e delle favole che tanto incantavano i bambini. Da “Maria Puntaoru” (nota in alcuni paesi del Campidano, che avrebbe tastato il ventre dei bambini durante il sonno e se questo fosse risultato vuoto, la strega avrebbe infilzato la loro pancia con uno spiedo appuntito), a “Palpaeccia” (in altri paesi dell’interno), che avrebbe messo sul loro stomaco una grossa pietra per schiacciarlo, se non avessero mangiato quanto necessario. I racconti degli anziani parlavano di fantasmi, di forzieri pieni di monete d’oro e di ricchezze sognate…da adulti e bambini.


Intorno al grande tavolo di cucina si passava poi il tempo, in attesa della messa di mezzanotte, con i giochi di società: giochi tradizionali, quali ad esempio “su barrallicu”, una trottola a più facce sulle quali potevano essere incise quattro diverse lettere. Se la trottola fermandosi avesse indicato una T (tottu), il giocatore avrebbe preso tutto il piatto, ma poteva anche fermarsi su una M (mesu o metadi) e in quel caso si sarebbe vinta la metà. La N invece indicava nudda, ossia nulla e la P era la casella più sfortunata, dato che stava ad indicare poni, ossia metti, con la posta costituita da mandorle, noci, o castagne; oppure la classica “sa tombula”, la tombola, con vincite sempre in natura; i più grandi giocavano a carte, come scopa o sette e mezzo; erano tutti strumenti che servivano a creare momenti di vera aggregazione per tutta la comitiva familiare, composta da adulti e bambini, in un unico insieme.
Ai rintocchi delle campane che annunciavano la messa di mezzanotte, tutti questi passatempi venivano interrotti. Questa messa, denominata in sardo ”Sa Miss’è Puddu”,ovvero la “messa del primo canto del gallo”, il cui termine, secondo gli studiosi, è di probabile derivazione catalana, poiché tra le tradizioni di Catalogna ricorre la cosiddetta “Missa del Gall”, era molto partecipata. La Chiesa veniva addobbata a festa per sancire la solennità dell’evento della “Natività” e rappresentava per la gente un’occasione favorevole per ritrovarsi con gli amici, i conoscenti o gli altri parenti non presenti al cenone di famiglia; era un bella occasione per scambiarsi, tra la gioia collettiva, gli auguri di Buon Natale. La partecipazione a questa Messa di Natale costituiva anche un’importante occasione, per le donne in attesa di un figlio, per compiere alcune pratiche magico-religiose, di natura esorcistica, necessarie a tutelare la nascita del loro bambino. La maggior parte delle donne infatti era convinta che se non avessero ascoltato la messa di mezzanotte, il nascituro sarebbe potuto nascere deforme.
Anticamente la “religiosità pagana” era ben più diffusa di adesso. Le magiche credenze del passato evidenziano un substrato religioso di origine pre-cristiana, quando si attribuiva a certi fenomeni o a certi periodi dell’anno un potere particolare. Sempre riferendoci al Natale, era luogo comune attribuire ai nati la notte di Natale dei privilegi: essi avevano il dono di non perdere i denti e i capelli durante la vita e, inoltre, il loro corpo sarebbe rimasto incorrotto anche dopo la morte (nel Campidano si dice che:“chini nascidi sa nott’è xena non purdiada asut’è terra); o nel Logudoro, dove invece si riteneva che coloro che nascevano in quella notte, potessero preservare dalle disgrazie sette case del vicinato (sette è numero di chiara derivazione magica). Periodo sacro, quello tra Natale e l’Epifania, a cui la tradizione sarda assegnava dei particolari poteri: le donne che praticavano la divinazione e la magia bianca, cioè coloro che la tradizione sarda, a seconda delle aree di appartenenza definiva “bruxas” o “deinas”, quando ormai vecchie e stanche sentivano approssimarsi la loro fine, utilizzavano questo periodo per preparare alla successione un’altra persona di loro fiducia, e trasmetterle così la conoscenza e poteri di cui disponevano.
Natale e Capodanno giornate che certamente rinsaldano l’amicizia, familiare e della Comunità. Per onorare degnamente questo “stare insieme” è d’uso, fin da epoca remota, la consuetudine di scambiarsi, in segno di rinnovata amicizia, dei doni. Gli abitanti dell'antica Roma, ad esempio, erano soliti scambiarsi, in occasione delle feste e a capodanno, dei regali chiamati “Strenne”. Tale consuetudine si ricollegava ad una tradizione secondo la quale, il primo giorno dell'anno, al re veniva offerto in dono un ramoscello raccolto nel bosco della dea Strenna, dea sabina della salute. Questo rito augurale si diffuse tra il popolo e, ben presto, i rametti di alloro, di ulivo e di fico vennero sostituiti da regali vari. Tale tradizione ha continuato il suo percorso nei secoli ed è presente ancora ai nostri giorni, rivestendosi, in occasione del Natale, di nuovi significati: richiamando, attraverso il gesto del dono, l'amore di Dio che ha donato suo Figlio all'umanità intera.
Cari amici,  oggi, giorno del Santo Natale, Vi voglio salutare con un sorriso sincero e con l’augurio  che, quand’ero ragazzo era tanto in voga, unitamente ad un abbraccio affettuoso:

Bonas pascas de Nadale e bonas festas, a tutti Voi ed alle Vostre famiglie!

Natale in Puglia Emma e Gianluca

 Il Natale in Puglia


Cena Natalizia: 

Il menù tradizionale della vigilia di Natale è piuttosto semplice e prevede le frittelle, fagottini fritti con ripieni di diverso tipo, tra cui pomodoro e mozzarella, cipolle soffritte e capperi, pomodori e tonno o ricotta forte dal sapore intenso. Cime di rape bollite o foglie di rapa fanno da contorno alle frittelle.
Il giorno di Natale la maggior parte dei pugliesi si ritrova seduta a tavola con i propri cari, pronta a gustare un pranzo a più portate che di solito si protrae per diverse ore. Una varietà di deliziosi frutti di mare crudi provenienti dal Mar Adriatico aprono spesso le danze: vi si trovano cozze, vongole, ostriche e capesante e non mancano le specialità locali come i ricci di mare.
E proprio quando pensi di non poter più mandare giù un altro boccone, ecco che arriva il dolce. La tradizione pugliese prevede un’ampia selezione di dolci, come le cartellate, il dolce natalizio più tipico. Si tratta di lunghi nastri di pasta sfoglia fritta, avvolti sino a formare una sorta di rosa e quindi impregnati di miele o vincotto. Le pettole sono piccole sfere di pasta che vengono prima fritte e poi spolverate di zucchero in polvere. I porcedduzzi, conosciuti come il torrone dei poveri, sono palline di pasta accompagnate da mandorle tritate e miele.


.DA SAPERE:
Solitamente in Puglia, il Menù della Cena della Vigilia di Natale è a base di pesce (antipasto crudo di pesce fresco, zuppa di pesce, cavatelli ai frutti di mare, anguilla e pesce arrostito). Il Pranzo di Natale in Puglia è più "leggero" rispetto al menù della sera  ed è costituito da tortellini con brodo di carne, agnello al forno e dolci a volontà.

Dolci Natalizi:
.Questo deriva dalla cottura del mosto proveniente dalle uve salentine Negroamaro e Malvasia ed è un ingrediente molto versatile (viene adoperato non solo per i dolci ma anche su primi piatti, carni o frutta) dal sapore intenso e molto particolare e dalle origini antichissime: gli antichi Romani, infatti, usavano ridurre il mosto d’uva per poterlo meglio conservare e trasportare, per poi utilizzarlo come base del vino romano fortemente inebriante che accompagnava i luculliani pranzi imperiali.
Regina indiscussa dei dolci natalizi pugliesi e in particolare dei dolci salentini è la Pasta di mandorle modellata a forma di pesce a Natale, simbolo cristiano che rappresenta Gesù Bambino, e agnello a Pasqua, anch’esso simbolo del Cristo pasquale. La sua ricetta, che si basa sulla macinazione di mandorle sgusciate e zucchero, pare risalga intorno al XV secolo e fosse custodita dalle monache benedettine.


Il presepe vivente:

La bellezza della Puglia offre scenari incantati per la rievocazione della Natività e tra fede e folclore mille luci si accendono con sorprendenti presepi viventi allestiti in grotte e aree naturali, masserie e casolari di campagna, in riva al mare e nei centri storici, dal Gargano alla Valle d’Itria e al Salento.
Imponenti scenografie e centinaia di figuranti ricreano l’antica Betlemme dalle botteghe di arrotini, tessitrici, maniscalchi, pescivendoli alla Natività con il bue e l’asinello veri come i volontari che vestono i panni di Maria e San Giuseppe, coccolando un bambino bello e paziente. 
A Canosa la rievocazione è ospitata in un'area di interesse archeologico, il Monte Orco di Tricase accoglie il più grande presepe d’Italia mentre a Pezze di Greco c’è quello più antico della regione. Suggestiva anche la cometa che illumina il promontorio del Monte Rivolta della Selva di Fasano. Presepi viventi tra illuminazioni artistiche, musica e specialità gastronomiche natalizie anche a Mottola, Massafra, Sanarica e in molte altre località della Puglia. 

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Emma e Gianluca .

Natale in Campania Francesco e Marilou

L'arte presepiale napoletana si è mantenuta tutt'oggi inalterata per secoli, divenendo parte delle tradizioni natalizie più consolidate e seguite della città. Famosa a Napoli, infatti, è la nota via dei presepi (via san Gregorio Armeno) che offre una vetrina di tutto l'artigianato locale riguardante il presepe. Inoltre, numerosi sono i musei cittadini e non (come il museo di San Martino o la reggia di Caserta) nei quali sono esposti storici pezzi o intere scene che ambientati durante la nascita di Gesù.
Via San Gregorio Armeno  la celebre strada degli artigiani del presepe, famosa in tutto il mondo per le innumerevoli botteghe artigiane dedicate all’arte presepiale. La via e le botteghe possono essere visitate durante tutto l’anno ed il visitatore  cosa ricondotto ogni volta alla magica atmosfera natalizia. Per ogni famiglia napoletana, il Natale a Napoli  anche una visita “a San Gregorio Armeno”: una tappa obbligatoria prima di intraprendere la costruzione o l’ampliamento del proprio presepe.

Il profumo delle zeppole fritte, che durante la fase della preparazione impregna tutti gli abiti, le finestre chiuse, il vapore acqueo che si forma sui vetri, e l'odore che ci si porta dietro lasciando scie di aromi irresistibili.
In famiglia la nonna ha sempre sostenuto che quando si preparano le zeppole non bisogna ne' farsi vedere ne' far sentire l'odore alla gente invidiosa: finirebbero con lo scoppiare!!!

La Campania è la patria indiscussa delle rappresentazione scenica della notte di Betlemme e durante il periodo natalizio tantissimi paesini si trasformano in veri e propri palcoscenici in cui viene riprodotta la vita intorno alla grotta che vide la nascita di Cristo.


LE preparazioni natalizie campane sono legate alla rinomata tradizione pasticciera napoletana: roccoco'susamiellidivino amorezeppole e struffoli tutto questo ci riconduce al periodo dell'avvento, a lunghe serate in casa, al gioco della tombola. 

Tradizioni natalizie Lazio


Olio, pane, formaggio e vino. Ma anche tartufo, miele e cioccolata artigianale. Senza dimenticare i prodotti dell'agricoltura laziale e la tradizione, rappresentata dall'antichissimo Presepio di  Greccio.Natale a casa di un romano significa senza dubbio giocare a tombola, ed anche a carte. I romani sono giocatori accaniti tra pandori e panettoni.
Il 25 dicembre cade come ogni anno il giorno della festività cristiana tra le più importanti il “Natale”che rievoca la nascita di Gesù in una grotta a Betlemme.
E’ una delle feste più belle e Roma si veste di luci e di alberi natalizi, i negozi scintillano con i loro addobbi, ed inizia la corsa ai regali, perché ormai anche questa festa con il passare del tempo e degli anni ha assunto purtroppo un aspetto commerciale e dimenticandone il verso significato cristiano: una nascita sacra che ha portato Gesù ad entrare a stretto contatto e per sempre con il nostro mondo.
E’ usanza oltre ad addobbare l’albero che può essere un abete o altro albero sempreverde o anche sintetico,  con oggettini colorati, luci, e dolciumi, anche preparare il presepe che fonda le sue origini nel medioevo; dai Vangeli abbiamo conosciuto l’Annunciazione, la nascita nella grotta, i pastori che vanno a venerarlo e l’arrivo dei Magi, da tutto questo abbiamo iniziato a costruire i nostri presepi ampliando poi ognuno, con la propria fantasia.
Stella di NataleFiori e piante tipiche del Natale, considerate portatrici di fortuna, rallegreranno le case romane: agrifoglio, vischio, pungitopo, stella di Natale e naturalmente questi saranno i giorni del torrone, panettone, frutta secca.
Anche le chiese romane preparano i loro presepi e si celebreranno le Messe: la Messa Vespertina il giorno della Vigilia seguita dalla Messa della notte ed un’altra il mattino del giorno successivo, messe accompagnate da canti liturgici tra cui “ Tu scendi dalle stelle”.

Il gioco tradizionale è la Tombola, la cui origine sembra fondarsi nell’antica Roma quanto durante i Saturnali era tollerato il gioco d’azzardo proibito nel resto dell’anno.